18 giugno 2006

Una croce su Crocetta

Dal 2003 ad amministrare il comune di Gela c'è Rosario Crocetta. Primo sindaco omosessuale (dichiarato) nella storia d'Italia, cattolicissimo, e comunista (vi viene in mente qualcuno?). Dopo aver militato nel PCI e poi in Rifondazione, si candida a sindaco della città del petrolchimico con i Comunisti Italiani. Alle elezioni del maggio 2002 viene dapprima dichiarato sconfitto per 107 voti, poi fa ricorso e a distanza di un anno il TAR della Sicilia, dopo aver ascoltato la conversazione telefonica in cui il boss mafioso della famiglia Di Giacomo dice ad un presidente di seggio che «avrebbe dovuto far di tutto pur di non far vincere il comunista finocchio», gli dà ragione e viene proclamato primo cittadino. Nelle indagini eseguite durante l'operazione antimafia "Imperium", nel 2003, emerge che l'anno prima, per le comunali, la mafia non solo fece votare contro di lui ma ne progettò l'uccisione tramite un killer venuto dalla Lituania, neutralizzato dalla polizia con il rimpatrio coatto.
«Nel 2002 - ha detto - le cosche mafiose andavano nelle campagne a chiedere di votare contro di me; il 25 maggio scorso, alle 22, in un capannone delle campagne a est di Gela, personaggi politici di centro-destra, eletti e non eletti, tra cui qualcuno di ruolo assai rilevante, hanno incontrato gente come i La Rosa, i Trubia, i Fontana». E ancora: «La politica non può prendere i voti dei mafiosi» e «C'è una parte dello Stato che fa la guerra alla mafia, una parte invece che ci va a braccetto».
In questi anni ha sconvolto i vertici della burocrazia: ha fatto ruotare i capi delle ripartizioni, preteso la certificazione antimafia su amministratori, consulenti e fornitori, blindato le gare, che si effettuano alla presenza delle forze dell'ordine, sospeso per «sospetta turbativa d'asta» l'affidamento dei lavori sul «contratto di quartiere» per il riordino urbanistico del villaggio Aldisio, e ha scoperto l'esistenza, nell'autoparco comunale, di numerosi mezzi nuovi, inutilizzati, dimenticati dalla burocrazia municipale, la quale ha chiesto ai privati, con rilevanti oneri, di erogare alla comunità quei servizi che l'amministrazione pubblica era già in condizione di assicurare grazie alle macchine di cui disponeva.
Più volte attaccato e minacciato di morte, ha dichiarato la sua ferma intenzione di voler collaborare «con quanti cercano di sollevare i tanti coperchi del sistema degli appalti a Gela: dall' indotto del petrolchimico, gestito da pochi "eletti", alla raccolta dei rifiuti, alle gare con un solo partecipante, alle gare con tanti partecipanti ma con la stessa offerta, ai lavori che iniziano e non finiscono, agli appalti aggiudicati a varie imprese ed effettuati sempre da pochissime imprese con gli stessi mezzi e con lo stesso personale.»
«Accanto a tutto ciò, la tragedia di una città che destina notevoli risorse a tali lavori senza aver visto i risultati». E conferma che l' appalto per la raccolta dei rifiuti solidi urbani e le manutenzioni sono stati oggetto delle indagini dell'Antimafia in almeno due occasioni, con proposta di scioglimento del consiglio comunale, da due anni a questa parte. «Le cose che mi interessano veramente - afferma - sono le necessità della gente, la voglia di riscatto e il rinascimento dei cittadini di Gela».
Ebbene, leggo sul manifesto di ieri che il centrosinistra, la sua coalizione, ha firmato un documento, sottoscritto anche dal suo partito, il Pdci, che lo accusa di badare poco ai problemi della città «privilegiando più gli aspetti di protagonismo mediatico». «Il che, - scrive Massimo Giannetti - tradotto in termini più comprensibili, vuol dire che fa troppa antimafia.»
«Quasi tutti gli assessori si sono dimessi. Rosario Crocetta è praticamente isolato e nei suoi confronti si profila una mozione di sfiducia che, se avverrà davvero come minaccia l'Unione, avrà tutti gli ingredienti di un licenziamento politico.
In queste ore sono in corso tentativi di chiarimento, sollecitati sia dai vertici regionali dei partiti sia dallo stesso Crocetta, che per lunedì ha convocato un vertice dell'alleanza. Ma il clima volge in tutt'altra direzione. Tant'è che l'incontro molto probabilmente salterà per l'opposizione del leader dei Ds nisseni, Lillo Speziale, neorieletto all'Assemblea regionale siciliana, che capeggia la fronda anti Crocetta: «Lunedì non ci sarà nessuna riunione - taglia corto il boss della Quercia. Crocetta sta creando un solco tra i partiti dell'Unione. Deve capire che qui è in gioco il futuro del centrosinistra: non possiamo consegnare la città alle destre. Lui deve convocare il suo partito e attraverso il Pdci si può aprire la discussione con gli altri». Un invito, questo, che lascia intravedere un gioco di sponda tra il capo dei Ds e il segretario (dimissionario) del Pdci gelese, Salvatore Morinello. Nella minacciata sfiducia al sindaco un rulo non secondario lo svolge infatti anche l'ex deputato regionale, primo dei non eletti nel Pdci alle recenti elezioni politiche nazionali e attualmente ai ferri cortissimi con Oliviero Diliberto proprio per la mancata elezione alla Camera. Per andare a Montecitorio Morinello sperava che Diliberto, capolista del Pdci in Sicilia, optasse per un altro collegio, ma così non è stato e il partito (che a Gela ha il 24 per cento dei consensi) si è ulteriormente diviso alle recenti regionali con lo stesso Morinello che avrebbe dirottato voti a favore di Speziale.
Qualche malizioso fa notare che l'insofferenza dei big dei Ds e del Pdci sia in realtà cominciata prima delle regionali, esattamente quando qualche mese fa è venuto a galla il marcio che giaceva nell'indagine su mafia e politica al petrolchimico e nella quale sia Speziale sia Morinello erano stati intercettati in telefonate poco gratificanti. L'inchiesta, iniziata nel 2001, era rimasta insabbiata per molti anni. Nel 2004 Crocetta ne aveva sollecitato la prosecuzione».

Ecco.
Mi risale in mente una cosa che dice Fabrizio De Andrè nella sua Nella mia ora di libertà:
«Certo bisogna farne di strada
da una ginnastica d'obbedienza
fino ad un gesto molto più umano
che ti dia il senso della violenza
però bisogna farne altrettanta
per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni.»

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